Dal parto in anonimato all’adozione

Dal parto in anonimato all’adozione

Il DPR 396/2000, art. 30, comma 2, consente alla madre di non riconoscere il bambino e di lasciarlo nell’ospedale dove è nato affinché sia assicurata l’assistenza e anche la sua tutela giuridica. L’istituto del parto consente alle donne che non vogliono riconoscere il figlio di partorire nel più totale anonimato; il nome delle madri, infatti, in tali casi, rimane segreto e sul certificato di nascita del bambino, la cui dichiarazione viene fatta dal medico o dall’ostetrica, viene scritto “nato da donna che non consente di essere nominata”.

In seguito alla volontà della donna di non riconoscere il neonato, il responsabile del Servizio Sanitario/Sociale (dipende dall’organizzazione interna della Struttura Ospedaliera) effettua la segnalazione del minore in stato di abbandono alla Procura della Repubblica presso il Tribunale per i Minorenni. La segnalazione (e va ribadito che di “segnalazione” si tratta e non di “denuncia”) è stata prevista nell’esclusivo interesse del fanciullo, tenuto conto delle conseguenze che la privazione di cure materiali e morali provocano al suo sviluppo.
Contestualmente, l’Ufficiale di stato civile, ricevuta la comunicazione del non riconoscimento, attribuisce al neonato un nome e un cognome e procede alla formazione dell’atto di nascita.
Il Tribunale per i Minorenni, ricevuta la segnalazione, provvede “immediatamente” alla dichiarazione dello stato di adottabilità “senza eseguire ulteriori accertamenti”, ai sensi dell’art.11, comma 2, della legge 184/83 s.m.i., alla nomina di un tutore per il minore e all’inserimento dello stesso nella famiglia adottiva ritenuta più idonea. Alla fine del periodo di affidamento preadottivo (normalmente di un anno) viene pronunciata l’adozione, con relativa sentenza.
Questa procedura può essere sospesa dal Tribunale per i Minorenni soltanto in due casi: